La Croce del presbiterio

Secondo testimonianze raccolte in parrocchia, la Croce nella nostra chiesa ha avuto origine così: negli anni 1970-71 un professore ebreo romano, che aveva insegnato all’Università di Padova negli anni precedenti la guerra, tornò a Padova per incontrare Gino Cortelazzo, che già conosceva e che era diventato uno dei più conosciuti e apprezzati artisti italiani. Il professore, che era stato internato nel 1943 nel Lager nazista di Auschwitz, dal quale però era uscito libero nel febbraio 1945 con alcune centinaia di altri sopravvissuti, portò al Cortelazzo tre verghe di ferro che facevano parte della recinzione del lager; gli chiese con insistenza di ideare un’opera in cui inserire le tre verghe e diventasse un monumento alla shoah e un monito contro ogni guerra.

Alla prima intuizione che gli venne in mente diede il titolo di “Fili tesi” e su questa idea lavorò a lungo e in tempi diversi, visti anche i suoi tanti lavori all’estero. Il cortile della sua bottega a Este, secondo la descrizione fatta da chi ha visto di persona, sembrava il deposito di uno che comperava ferro vecchio; la materia prima dunque non gli mancava.

Gino Cortelazzo sperimentò ogni materiale: non smise di indagare le possibilità  del bronzo, ma lavorò anche la pietra, l’alabastro, l’onice, perfino la cartapesta e la resina. Amò molto il ferro e il legno, ai quali spesso tornava. Sviluppò una personalissima idea di figurazione “indiretta”, basata sul suggerire stimoli visivi sui quali ogni spettatore potesse costruire una sua propria immagine, frutto del dialogo con la sua fantasia e la sua cultura.

Messaggio

Seguendo questa chiave di lettura dell’arte di Cortelazzo, i vari pezzi della Croce (verghe lunghe corte, i tondini, le rondelle, le viti e i bulloni, i ricci e le molle, …) rappresentano le varie vicende della vita quotidiana, belle o brutte che siano, gioiose o dolorose, sane o inquinate, costruttive o distruttive, tutte ….. :

  1. se sono solo mal sopportate diventano un ammasso di ferro arrugginito;
  2. se le subiamo con rabbia e insofferenza o peggio ancora se le riteniamo ingiuste condanne della vita e della violenza brutale degli altri (i lager, le schiavitù, i massacri), diventano una    “croce” assai spigolosa e pungente, che ferisce e lacera il nostro         vivere e ci fa urlare dalla disperazione;
  3. se tutte queste vicende sono strutturate dall’intelligenza (ecco perché “Fili tesi”) e vissute con il cuore sereno e pieno di amore, diventano tutte “momenti di vita”, stagione di crescita e       di condivisione con gli altri, opportunità, risorse, regali che       fanno avanzare il cammino della famiglia, della società verso la pace, la giustizia, il bene comune, la civiltà e il benessere   assoluto;
  4. se le viviamo nella fede in Cristo e nella luce dell’amore infinito di Dio, noi abbracciamo accettiamo la croce, diventiamo i       crocifissi che inchiodano in croce l’egoismo e la morte del      peccato, dell’odio, della ricchezza costruita con il sangue degli sfruttati e, uniti a Cristo, operiamo il miracolo quotidiano di      trasformare le “disgrazie” in      “grazie”, le sconfitte in vittorie, i   fallimenti in gradini che fanno crescere, perché l’Amore è una energia vitale capace di sgretolare ogni realtà e situazione di morte.

 

Biografia dell’artista

Gino Cortelazzo nasce ad Este (Padova) nel 1927. Dopo varie esperienze lavorative anche in Sud America si diploma all’Accademia di belle arti di Bologna con Umberto Mastroianni.

Nel 1970 gli viene affidata la cattedra di scultura all’Accademia di belle arti di Ravenna, diretta da Raffaele De Grada e trova come colleghi per gli insegnamenti di arti applicate, pittura, incisione e storia dell’arte Giò Pomodoro, Luca Crippa, Tono Zancanaro e Massimo Carrà. Negli anni ‘70 a Milano incontra il mondo dell’alta moda. Biki, Baratta, Soldano gli commissionano dei gioielli (pezzi unici) per le sfilate. Conosce Dino Buzzati e Davide Lajolo, con il quale rimarrà sempre legato da profonda amicizia. Incontra Gianni Berengo Gardin ed Enrico Cattaneo che fotograferanno la sua opera.

Nel 1975 a Roma incontra Giulio Carlo Argan che lo presenta in una serie di mostre in Germania ed Austria, e Cortelazzo inizia un percorso espositivo che lo porta in Europa e in America Latina.

Nel 1980 inaugura la casa-studio di Este, luogo d’incontro per artisti e critici quali il Maestro Riccardo Muti, Palma Bucarelli e Giuseppe Mazzariol con il quale instaura un sodalizio che per Cortelazzo sarà fondamentale.

Muore inaspettatamente il 6 novembre 1985.

Alcune sue opere importanti rimaste a Padova: i due monumenti ai caduti a Saonara e Villatora; la Foca/Omaggio a Venezia al centro del Parco d’Europa alla Stanga; il bronzetto Piccoli Attori, opera vincitrice della XVI Biennale, e tanti altri oggetti fiori gioielli ai Musei civici.